Dichiarazione di voto sulla mozione Cop28
Siamo alla vigilia della Cop 28, i lavori partiranno il 30 novembre.
Sul tavolo dei negoziati, come ogni anno, si farà il bilancio dei progressi fatti in termini di riduzione delle emissioni sulla base dei target stabiliti dagli Accordi di Parigi. I dati che stanno circolando ormai da mesi non sono per nulla rassicuranti. E non si tratta di spargere allarmismi, come dice qualcuno. Ma di vedere le cose come stanno, di ascoltare e fidarsi, con cognizione di causa, di quello che ci dice la scienza.
L’orologio climatico indietreggia senza sosta, e non da ora. E questo è un dato di fatto che non possiamo ignorare. L’emergenza climatica è prima di tutto un problema sociale globale che esige risposte comunitarie. Non agire è un gesto immorale nei confronti di quel principio di equità intergenerazionale che tutti e tutte noi dovremmo rispettare e portare avanti ovvero: la capacità di assicurare alle future generazioni le stesse risorse e possibilità a disposizione di quelle attuali.
Il rapporto stilato dall’UNFCCC (convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici) sul Global Stocktake -il bilancio globale dei progressi verso i target stabiliti dall’accordo di Parigi, stima che nel 2030 le emissioni globali di gas serra aumenteranno dell’8,8% rispetto al 2010 e diminuiranno del 2% rispetto al 2019. Nonostante le previsioni siano migliori di quelle fatte nel precedente rapporto, la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ribadisce molto chiaramente che senza correzioni di rotta l’aumento della temperatura, a fine secolo, sarà tra i 2,1 e i 2,8 °C rispetto ai livelli preindustriali. Ben al di sopra di quanto pensavamo di scongiurare anni fa…
Sempre nell’ottica di non spargere allarmismi, ma per dire le cose come stanno, in Brasile per la prima volta nella storia, la settimana scorsa, sono già stati superati i 2 °C di aumento della temperatura media globale.
La rotta non l’abbiamo invertita perché da una parte ci sono i Paesi grandi emettitori, dall’altra le economie più fragili, quelle dei Paesi in via di sviluppo, che hanno bisogno (e lo dico tra virgolette) di “inquinare” e (sempre tra virgolette) “emettere” al pari dei Paesi ricchi, per uscire dalla povertà e ambire anche loro a una crescita economica.
Anche questo è un dato di fatto che, dopo 27 COP, non possiamo non prendere in considerazione. E il focus quest’anno sarà proprio su questo, per far sì che si sciolgano questi nodi e si individuino soluzioni capaci di uscire dell’empasse.
Abbiamo 4 grandi economie, la Cina, gli Stati Uniti, l’India e l’Unione europea che se domani decidessero in maniera autonoma e concreta di puntare alla neutralità climatica entro la metà di questo secolo, sarebbero un traino così potente, così forte da invertire il trend delle emissioni globali e spingere così gli altri Paesi a fare lo stesso.
Perché non lo fanno? Cosa stiamo aspettando?
Perdere ulteriore tempo è un errore che non possiamo permetterci di fare.
La verità è che è mancato e manca coraggio.
È mancata e continua a mancare visione politica.
Dopo l’Accordo di Parigi, che è stato ratificato nel 2015, le COP hanno smesso di portare risultati concreti e incisivi perché non c’è stata la volontà di predisporre piani che portassero veramente a una riduzione delle emissioni. Siamo andati fuori traiettoria, con soluzioni così inadeguate che se non agiamo ci porteranno dritti verso un aumento di 3 gradi nel corso di questo secolo!
Le COP sono e rimangono indispensabili e fondamentali a indicarci la rotta da seguire, MA quella rotta la dobbiamo saper declinare con obiettivi puntuali nei programmi nazionali.
Gli sforzi si devono fare per allineare le politiche ambientali, economiche e sociali dei nostri Governi, senza lasciare indietro imprese, territori e cittadini visto che i cambiamenti climatici rischiano di produrre a catena nei prossimi anni un aumento delle disuguaglianze.
Parlavamo di coraggio, un coraggio che dovremmo ritrovare e fare nostro.
Più coraggio per costruire una roadmap per l’abbattimento delle fonti fossili.
Più coraggio per eliminare tutti i sussidi ambientalmente dannosi
Più coraggio per dare un chiaro mandato alle società partecipate dallo Stato ad allineare i propri piani di sviluppo all’obiettivo di 1,5 °C
Di sicuro non è quello che ha avuto ieri il Consiglio dei ministri che ha portato sul tavolo il DL Energia, un ennesimo decreto inutile e ambientalmente insostenibile.
Un decreto che tra l’altro è in netto contrasto con vostra mozione di oggi
Un decreto che è la firma di Giorgia Meloni sulla furia cieca di questo governo nei confronti delle famiglie. Al salasso dell’inflazione e del caro-mutui, ora per gli italiani arriva la legnata sulle bollette, un’altra sberla che segue il ceffone di una manovra lacrime e sangue.
è QUESTO IL CORAGGIO???
L’ipocrisia galoppante che si respira in questa Aula oggi:
la maggioranza che parla di quanto è bello l’ambiente e cosa si deve fare per tutelarlo.
A parole…TUTTI D’ACCORDO SU QUANTO SIA GIUSTO FARE LA TRANSIZIONE,
PECCATO PERò CHE QUANDO DALLE PAROLE SI PASSA AI FATTI… questa maggioranza non ha perso occasione per proporre soluzioni e programmi inaccettabili e indifendibili.
Il CORAGGIO lo si deve esercitare in altro modo.
Qual è invece il coraggio che serve per invertire il paradigma?
Il coraggio di non bloccare le energie rinnovabili, facendo ostracismo alle direttive europee (penso alle auto green ed all’efficientamento energetico dei nostri edifici)
Il coraggio di portare avanti una vera economia circolare che metta al centro soluzioni davvero virtuose per i cittadini, per le imprese. per la salute e l’ambiente
Il coraggio di non vedere la biodiversità come una minaccia, ma come elemento chiave nella lotta al cambiamento climatico,
di intraprendere un percorso serio di decarbonizzazione come sfida urgente e NON NEGOZIABILE,
di vedere le comunità energetiche rinnovabili come una vera soluzione democratica per tutti e tutte
di tutelare il nostro mare dalle microplastiche (magari partendo dai decreti attuativi della Legge Salvamare???)
Il coraggio di non ostacolare il percorso verso la neutralità climatica e di incentivare una transizione ecologia che sia giusta, partecipata ed inclusiva.
Abbiamo bisogno, oggi più che mai, di un nuovo alfabeto ambientale per superare ogni negazionismo e incertezza.
L’emergenza climatica ha bisogno di scelte coraggiose. Ha bisogno di uomini e donne di buona volontà. Di Governanti in grado di affrontare la crisi climatica come un problema reale, sociale e globale.
Se oggi in quest’Aula stiamo parlando di cop28, di impegni che come Parlamento diamo al governo per affrontare i negoziati è grazie al MoVimento 5 Stelle, abbiamo fortemente voluto la calendarizzazione della mozione così da fare la nostra parte come Parlamento.
Papa Francesco (che tra l’altro parteciperà alla cop) ci dice con una forza immensa che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura e non c’è dubbio che l’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie.
Siamo arrivati ad un punto in cui non è più utile sostenere le istituzioni che preservano principalmente i diritti dei più forti senza occuparsi minimamente dei diritti di tutti e tutte: l’etica deve tornare a prevalere sugli interessi delle comunità.
E parlare di resilienza climatica significa anche aprire alla resilienza sociale, non solo per garantirne la sopravvivenza delle generazioni future, ma anche per iniziare a costruire un futuro di pace. Restare attaccati alle fossili non porterà altro che disparità, instabilità geopolitiche, e in parole povere guerre.
Su questi temi dovrebbe esserci unità di intenti. Perché quando si parla di tutela dell’ambiente, delle generazioni presenti e future, della salute e della pace, si parla di qualcosa che non dovrebbe avere bandiere politiche.
Eppure ci avete bocciato tutto senza entrare nel merito.
Vergognatevi!